L’avaro prova insieme tutte le preoccupazioni del ricco e tutti i tormenti del povero. Albert Guinon
Lo scorso anno (2019) sono tornata nella bella capitale, Roma, e finalmente ho programmato di vedere la Cappella Sistina e il capolavoro di Michelangelo sulla volta.
Amo l’arte, rimane sempre una delle mie passioni, è fonte di studio e di ispirazione, anche per quanto riguarda il lavoro sul denaro e sull’abbondanza.
Infatti, è stato proprio dal lavoro su quest’ultimi due temi che adesso osservo le cose in modo diverso, da vari punti di vista o forse in modo semplicemente più ampio.
Al liceo ho studiato gli artisti del rinascimento, i più grandi e le loro scuole, e, come tutti, avevo le mie preferenze. Amante del tutto tondo, la scultura, ho sempre preferivo la concretezza alla pura immaginazione o rappresentazione data dalla pittura.
Tra i miei preferiti c’era Michelangelo Buonarroti: ricordo che nelle interrogazioni di arte, avrei mille volte scelto di descrivere le sue opere a quelle di qualcun altro.
Nonostante fossi stata a Roma in terza liceo con la classe, non avevo ancora visto la Cappella Sistina, quindi nel breve viaggio dello scorso anno è stata tappa obbligatoria.
L’avarizia e la mancanza di Michelangelo Buonarroti
Una volta giunta al suo interno, dopo aver ammirato l’intero capolavoro di Michelangelo, nel mentre ascoltavo l’audio guida, sorsero molte domande, ma una più di tutte: “Quanto è stato pagato Michelangelo per eseguire questo capolavoro?”
Devi sapere che in passato, ancor di più rispetto a oggi, il mestiere del pittore o dello scultore o dell’architetto, mestieri che facevano un artista, erano ben retribuiti, e si poteva anche fare una notevole carriera a partire dalla giovane età.
Quindi, una volta tornata a casa, ho fatto delle ricerche. Ho scoperto non solo che Michelangelo era il più pagato degli artisti all’epoca ma che nonostante ciò si sentiva povero e viveva una vita ben lontana dalla ricchezza e comodità e da quello definisco abbondanza.

L’avarizia e la mancanza di Michelangelo Buonarroti
In quest’altro articolo ti ho parlato della personalità spirituale, personalità tipica delle persone amanti dell’arte e di tutte le discipline, comprese quelle olistiche, nelle quali l’anima ha una presenza molto forte, ma, con Michelangelo c’erano molte cose che non mi tornavano, non tanto dovute al fattore economico quanto proprio al discorso dell’abbondanza.
Michelangelo è morto ricco, perlomeno a livello economico, ha lasciato un patrimonio di ben oltre i 50 milioni degli attuali euro (in paragone oggi probabilmente sarebbero molto di più) tra terreni, immobili, senza tenere conto delle opere con un valore artistico inestimabile, eppure la sua mente e la sua anima erano da povero. Poteva vivere in abbondanza, ma era taccagno dentro e fuori e, nonostante fosse l’artista più pagato dell’epoca, si sentiva e viveva da povero.
So bene che avere una mentalità abbondante non significa solo possedere un patrimonio economico esagerato (riferimento a questo articolo). E questo di Michelangelo è un notevole esempio.
La cosa che più mi ha sorpreso è che sia riuscito a lasciare un’eredità enorme al mondo intero in termini artistici. In parte questo è dovuto al fatto di “dover dimostrare di essere bravo”: infatti credeva molto nel suo valore come artista; in parte perché, essendo molto attaccato al compenso economico accettava incarichi ambiziosi (è grazie al suo attaccamento al denaro che Michelangelo accettò l’incarico della volta della Cappella Sistina, lui che non amava la pittura e l’affresco). Ma, dal punto di vista dell’abbondanza, intesa come completezza, non si è mai sentito all’altezza, ed era profondamente tormentato.
Non solo non ha mai goduto dei suoi successi, compresi quelli economici, a causa del suo atteggiamento sospettoso e paranoico nei confronti del denaro, ma si sentiva estremamente povero.
Michelangelo aveva un carattere insopportabile, a livello relazionale era inavvicinabile, mangiava male, sempre le stesse cose “quattro etti di pane al giorno con una fetta di formaggio di fossa”; indossava gli stessi abiti e scarponi per giorni, addirittura settimane (Raffaello nel dipinto “La scuola di Atene” lo rappresenta isolato dagli altri e con addosso i suo soliti abiti e scarponi ).
È morto solo, in una casa priva di qualsiasi comodità e, nonostante avesse anche un patrimonio immobiliare notevole, in casa sua non furono trovati oggetti di lusso (a parte le opere d’arte quali la Pietà Rondanini e un Cristo) o comodità per se stesso; inoltre, in un armadio chiuso a chiave furono trovati l’equivalente di quasi 30 kg di oro. (Pazzesco!!!) I soldi che non investiva in terreni ed immobili, non li depositava, ma li teneva a casa.
L’avarizia e la mancanza di Michelangelo Buonarroti
I suoi compensi e il suo patrimonio erano almeno 5 volte superiori di quelli dei suoi rivali o “competitors” dell’epoca, quali per esempio Leonardo che invece aveva un rapporto estremamente fluido con il denaro, tanto da definirsi “ricco” e non dipendente a livello psicologico, di Raffaello o di Tiziano.
A differenza di Leonardo o Raffaello per esempio, Michelangelo non era per nulla generoso, non prendeva apprendisti, se non per brevissimi periodi, né tantomeno insegnava il mestiere, temeva infatti che poi qualcuno si prendesse i meriti del suo lavoro.
Michelangelo sottolinea quanto si possa “essere in mancanza” nonostante si abbiano molti soldi e anche molto successo in vita, ma dentro di sé ci si sente insoddisfatti, mai abbastanza, pretendono sempre tanto da se stessi, cercando di dimostrare di essere bravi o addirittura i migliori.
Amo il lavoro di Michelangelo, rimane uno degli artisti che più apprezzo, ma come persona, come esempio di persona di successo, di abbondanza, non so se all’epoca lo sarebbe stato, ma da Facilitatrice di Abbondanza so che avrei potuto fargli capire perché era diventato così taccagno, perché non aveva più fiducia nelle persone e perché il suo ego era molto grande, tanto da impedirgli di cambiare o ribaltare le sue convinzioni riguardanti i ricchi, la ricchezza e l’abbondanza 🙂
Infatti, avari non si nasce, si diventa…
L’avarizia e la mancanza di Michelangelo Buonarroti
L’avarizia è un vizio che può trarre in inganno perché all’inizio assume l’aspetto di una virtù. (Decimo Giunio Giovenale)
Non sono solita fermarmi all’apparenza una volta scoperto qualcosa cerco di capire, di andare in fondo alla faccenda: se Michelangelo era così attaccato al denaro un motivo ci doveva essere.
Chi intraprende un percorso con me sulla sua abbondanza, quale è per esempio Magic Abundance Collection sa perfettamente quanto sia fondamentale scavare ed osservare le proprie radici per capire i meccanismi od i perché non si è in Abbondanza o mai abbastanza.
Ed ecco che così mi sono ritrovata ad andare a fondo anche nella vita e storia di Michelangelo.
Michelangelo proveniva da una famiglia il cui nome e classe sociale diminuì nel tempo a seguito di un fallimento che mandò la sua famiglia completamente in bancarotta.
I Buonarroti infatti, passarono da una famiglia di origine patrizia, cioè ricca, che ricopriva importanti cariche pubbliche da oltre 6 generazioni, ad una famiglia sul lastrico.
Michelangelo ha dovuto lottare per conquistarsi la sua carriera e la fama, non era sostenuto dai famigliari come per esempio lo era stato Raffaello.
Quindi il comportamento di Michelangelo era la conseguenza dovuta alle sue radici famigliari e finanziarie. Il desiderio principale di Michelangelo era quello di riportare la famiglia a uno stato di vanto e prestigio, almeno come lo era stata una volta.
Michelangelo infatti si vergognava di quella situazione e nonostante egli stesso avesse guadagnato l’equivalente della metà del capitale di Agostino Chigi, che negli anni Dieci del Cinquecento era il più ricco banchiere del mondo, né il padre, né lo zio erano più stati in grado di pagare le tasse e quindi di ricoprire uffici pubblici.
Ecco perché il denaro è stato per Michelangelo fonte sia di grande tormento che di grande motivazione, per riportare il nome della famiglia in alto.
Il prezzo che lui ha pagato è stato molto caro: ha sì lasciando in eredità al mondo un valore artistico inestimabile, ma vivendo aimè per scelta nella miseria, nel tormento e nella mancanza.
Se l’argomento ti interessa, qui puoi leggere altri articoli sul denaro 😉
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PS: dimenticavo… Michelangelo per la Cappella Sistina prese 3000 fiorini d’oro. Oggi un fiorino varrebbe intorno ai 110/150 euro, ma per dare una dimensione del valore per l’epoca, basti pensare che, con 400 fiorini (la paga del David, riconosciuta a un Michelangelo giovanissimo) ci si poteva comprare una bella casa in centro a Firenze.
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