È inutile chiudere tutte le porte, se poi passi tutta la vita a guardare dalla finestra.”
Edvania Paess
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“Per questo è importante lasciare che certe cose se ne vadano. Si distacchino. Gli uomini hanno bisogno di comprendere che nessuno sta giocando con carte truccate: a volte, si vince; a volte, si perde. Non aspettarti che riconoscano i tuoi sforzi, che scoprano il tuo genio, che capiscano il tuo amore. Bisogna chiudere i cieli. Non per orgoglio, per incapacità o superbia. Semplicemente perché quella determinata cosa esula ormai dalla tua vita. Chiudi la porta, cambia musica, rimuovi la polvere. Smetti di essere chi eri e trasformati in chi sei.” Paulo Coelho – tratto da Lo Zahir
Chiudere tutte le porte è un lavoro di chiusura eseguito a seguito di una performance avvenuta in piscina, nella quale si è utilizzato il nuoto come strumento di purificazione.
Il costume e cuffia sono divenuti “testimoni” di questo lavoro di “purificazione” di una situazione che ha causato dolore.
Il ripetere quasi ritualmente le vasche, "avanti e indietro, avanti e indietro", quasi come se fosse una preghiera di perdono, ha fatto in modo che il corpo fosse portato in un’altra dimensione, non solo fisica, ma anche metafisica, e che, il gesto ripetuto diventasse una forma di sublimazione dell’atto in sé.
Una volta terminato il rituale in piscina, costume e cuffia sono stati chiusi.
Tutte le possibile aperture nelle quali, corpo, braccia, gambe e testa potevano entrare in questi indumenti, sono state chiuse.
Anche qui, in modo rituale, costantemente ripetendo lo stesso gesto, “far entrare e far uscire il filo”, il filo rosso eseguiva e portava a termine il suo lavoro: quello di chiudere tutte le aperture.
Una doppia valenza: un corpo che non può più entrare o un corpo chiuso dentro?
In ogni caso un gesto rafforzativo di voler serrare, di non lasciare nessuno spazio, di non dare più permesso.

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